semplicistica crociata contro il burocratese quanto come elementi di Tutto questo, secondo quanto riferito da alcuni corsisti, ha avuto anche una
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Prefazione Parlare oscuramente lo sa fare ognuno, ma chiaro,pochissimi Galileo Galilei Negli anni piš recenti abbiamo assistito a profondi cambiamenti del modo in cui le pubbliche amministrazioni si rapportano ai cittadini.Ancora non molto tempo fa era diffusa,allÕinterno delle strutture pubbliche,la convinzione che le complicazioni fossero inevitabili,in quanto solo il rispetto Ð non importa a quale prezzo per il cittadino Ð di una procedura particolarmente complessa poteva consentire allÕamministrazione di scongiurare possibili abusi.Da qualche tempo,invece,si susseguono iniziative finalizzate a ridurre al minimo indispensabile il costo economico,sociale e psicologico degli adempimenti a carico dei cittadini.Un bel passo avanti. Questi progressi dipendono sicuramente dal fatto che i cittadini hanno acquisito una maggiore consapevolezza dei propri diritti:basta pensare,ad esempio,alla proliferazione delle associazioni di consumatori e utenti o alle numerose trasmissioni televisive di ÒdenunciaÓ.é innegabile peraltro che allÕinterno delle stesse pubbliche amministrazioni sia fortemente cresciuta la sensibilit‹ verso le attivit‹ di servizio allÕutenza,la cui importanza in passato ‘ stata invece spesso sottovalutata. In questo contesto,unÕesigenza sempre piš avvertita ‘ quella di rendere piš comprensibile il linguaggio burocratico.NellÕultimo decennio il Dipartimento della Funzione Pubblica ha intrapreso numerose iniziative in tal senso,dal Codice di stiledel 1993 alla Direttiva sulla semplificazione del linguaggio amministrativo del 2002.Purtroppo perŸ queste iniziative hanno raggiunto solo in parte il loro scopo:secondo una recente ricerca commissionata dal Dipartimento,piš della met‹ degli stessi dipendenti pubblici (precisamente il 57,7%) giudica ancora poco comprensibile il linguaggio burocratico;per non parlare dei professionisti,dei commercianti e degli artigiani,tra i quali la percentuale sale al 71,5%. Perch” il burocratese ‘ duro a morire? Cosa si puŸ e si deve fare ancora per migliorare la comunicazione pubblica e per renderla comprensibile ai cittadini? Quali sono i punti deboli delle iniziative finora adottate? Spesso tra gli addetti ai lavori ‘ diffusa la convinzione che certi limiti siano invalicabili:il linguaggio amministrativo Ð dicono costoro Ð ‘ un linguaggio tecnico e specialistico,che non puŸ essere semplificato.Ebbene,il nodo del problema sta proprio nella parola semplificazione .Il tutto sta nel capire che scrivere in modo semplicenon significa scrivere in modo semplicistico,un poÕ come divulgare non significa volgarizzare.E per questo mi sembrano assai appropriate le parole di Galileo poste in epigrafe a questa prefazione:ÒParlare oscuramente lo sa fare ognuno,ma chiaro,pochissimiÓ.Come a dire:la semplificazione ‘ tuttÕaltro che banale. A intenderne bene il senso,‘ la cosa piš complessa che ci sia,ed ‘ tale che i migliori ingegni dovrebbero sentirsi assai stimolati ad impegnarvisi,invece che a ritrarsene un poÕ sdegnati. Certo vi sono nella materia fiscale termini tecnici Ð peraltro,non cosfi numerosi come talora si crede Ðche non sono sostituibili con altre parole (penso a termini come deduzioni edetrazioni,costi espese,imposte etasse),se non ingenerando dubbi ed equivoci,a scapito della 9indice + prefazione 1-09-2003 17:36 Pagina 9INDICE

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stessa chiarezza espressiva,che ‘ poi lÕobiettivo della semplificazione.Ma il senso di questi termini puŸ essere spiegato con semplicit‹ ricorrendo anche a facili esempi.E a riflettere bene,non ‘ affatto la presenza di questi termini tecnici che generalmente rende oscura la nostra comunicazione scritta. Essere chiari vuol dire anzitutto strutturare in modo logico lÕargomentazione,far capire qual ‘ lo scopo della comunicazione (a chi non ‘ capitato di domandarsi Òma questi cosa vogliono?Ó), evitare di lasciare indistinti i soggetti (espressioni come Òsi ritiene che possa configurarsiÓ,Òva posta attenzioneÓ e simili,sembrano fatte apposta per impedire al lettore di capire chi ‘ il suo interlocutore),evitare le locuzioni ridondanti (sono ancora frequenti gli inviti a Òcompiacersi di ritornare il duplo della presente debitamente sottoscrittoÓ) ed altre cose ancora su cui questo Manuale si sofferma a lungo con molte ed opportune semplificazioni 1.éproprio con questo obiettivo che lÕAgenzia delle Entrate fin dal 2001 ha avviato con il Dipartimento di Studi Italianistici dellÕUniversit‹ di Pisa una collaborazione che si ‘ concretizzata in una serie di corsi dal titolo Scrivere nella pubblica amministrazione e in questoManuale,che contiene la summadegli argomenti trattati nelle lezioni. Lo scopo dei corsi puŸ essere cosfi sintetizzato: ¥ far prendere coscienza dei problemi del linguaggio amministrativo; ¥ proporre una serie di tecniche di scrittura che coinvolgano lessico,sintassi e gerarchia dellÕinformazione; ¥ far acquisire una precisa ma flessibile metodologia per la produzione scritta. LÕattivit‹ didattica si ‘ caratterizzata per un approccio innovativo non tanto rispetto ai presupposti teorici Ð che,come detto,sono ormai largamente condivisi Ð quanto nellÕimpostazione metodologica e nello sviluppo operativo. Il corso si ‘ basato su una stretta correlazione tra teoria e pratica.Ogni attivit‹ e discussione ‘ stata rapportata al quadro specifico dellÕamministrazione finanziaria,tramite uno scambio continuo di competenze,motivazioni ed esperienze tra docenti e partecipanti.Le lezioni sono state strutturate in due sezioni:nella prima il docente introduceva concetti fondamentali per la chiarezza e la comprensibilit‹ dei testi,illustrandoli con esempi tratti da documenti reali prodotti dallÕAgenzia;nella seconda i partecipanti si esercitavano direttamente sui testi.Ogni esercitazione prevedeva un approccio graduale al testo:dal riconoscimento di una determinata tipologia di errori,alla riscrittura parziale o integrale,fino alla produzione ex novo .Ogni prova ‘ stata corretta mostrando in video le soluzioni dei partecipanti e le proposte di riscrittura dei docenti e facendo seguire la discussione. I corsi tenuti per lÕAgenzia delle Entrate hanno dato spazio (ed ‘ forse una novit‹ rispetto a iniziative analoghe avviate in altre amministrazioni) anche a momenti di riflessione teorica generale e fin dallÕinizio i docenti hanno presentato Ð accanto a esempi fittizi o autentici della antilinguaburocratica Ð testi alti,impegnativi ed esemplari sotto il profilo linguistico e testuale, quali i Principi fondamentali della Costituzione o gli scritti di Calamandrei e Kelsen (illustrati nel secondo capitolo di questo Manuale). Tra il 2001 e il 2002 si sono tenute a Roma dieci edizioni del corso,cui hanno partecipato circa 230dirigenti e funzionari delle Direzioni Centrali.Questa esperienza ha trovato sviluppo,tra la fine del 2002 e lÕinizio del 2003,in sei edizioni del corso dedicato a dirigenti e 101LÕAgenzia delle Entrate ha fatto un grosso passo avanti sulla strada della chiarezza adottando per i propri attiuna struttura completamentediversa da quella dei tradizionali decreti .Questi ultimi iniziano con una lunga serie di ÒvistoÓ,ÒconsideratoÓ e ÒritenutoÓ,che richiamano in modo abbastanza criptico svariate disposizioni di legge;solo al termine di questa defatigante elencazione interviene la parte d ispositiva,a volte solo di poche righe.Gli attidellÕAgenzia,invece,riportano subito il testo del provvedimento (il cosiddetto ÒdispositivoÓ),poi,in forma discorsiva e comprensibile,le motivazioni che hanno portato alla sua emanazione e,da ultimo,i riferimenti normativi. indice + prefazione 1-09-2003 17:36 Pagina 10INDICE

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PREFAZIONE funzionari delle Direzioni Regionali di Emilia-Romagna,Marche,Umbria e Toscana,tenutesi a Bologna,Ancona e Firenze per un totale di circa 120 partecipanti. LÕaspetto che ha maggiormente caratterizzato lÕattivit‹ didattica ‘ consistito nel fatto che i formatori non hanno semplicemente riscritto i documenti dellÕAgenzia,bensfi hanno dato vita ad un rapporto originale e fortemente interattivo,nel quale la riscrittura ‘ stata curata direttamente dai partecipanti.Il corpusdi partenza ‘ stato costituito da testi autentici Ð provenienti dagli uffici interessati e da altri Enti Ð con cui gli ÒallieviÓ,colleghi dello stesso ufficio o di uffici diversi,sono stati chiamati a misurarsi.LÕaula informatica ha offerto la possibilit‹ di far girare continuamente,su un video centrale o sui singoli schermi,i testi di partenza,le rielaborazioni prodotte dai partecipanti rispetto ad aspetti particolari (oggetto,gerarchia dellÕinformazione,lessico,ecc.) o alla complessiva compagine dei documenti,e le redazioni finali elaborate nel lavoro comune e sempre presentate,comunque,come perfettibili. Il superamento della suddivisione di ruoli tra docente e discenti,che fungevano da maestri sotto il profilo del merito dei documenti e dei vincoli di specificit‹ e tecnicit‹ linguistica,ha favorito anche lÕallentamento di tensioni e impacci dovuti alla diversa collocazione gerarchica dei partecipanti.Il nuovo strumento tecnologico Ð cio‘ lÕaula informatica come palestra per un lavoro personale e collettivo di rielaborazione testuale Ð si ‘ coniugato cosfi con un ingrediente tradizionale ed ineliminabile per la sua efficacia:la mutua disponibilit‹ alla comunicazione. Il senso di solidale cooperazione che si ‘ cosfi generato ‘ stato di grande aiuto nellÕopera di rimozione di abiti linguistici e comunicativi tradizionali,strettamente e funzionalmente legati alle differenze di stato e di ruolo. E infatti,proprio perch” il burocratese ha solide radici nella struttura istituzionale e nellatradizione interna agli uffici,lÕaffermazione di nuovi indirizzi linguistico-comunicativi comporta lo sviluppo di una nuova tradizione culturale :lo hanno ben rilevato molti tra i piš giovani partecipanti dei corsi,mano a mano che si rendevano conto di dare nuova linfa ad una vena di comunicativit‹ che la tradizione del discorso burocratico aveva inaridito,fino quasi a soffocarla. A tutti i partecipanti ‘ stato somministrato a fine corso un questionario di valutazione,da cui ‘ emerso un gradimento molto alto verso lÕiniziativa (oltre il 90% delle risposte ‘ stato di apprezzamento per i contenuti e la struttura del corso).éinteressante il fatto che una percentuale analoga abbia giudicato lÕattivit‹ formativa capace di determinare una ricaduta positiva sul lavoro a breve-medio termine e che circa 2/3 dei partecipanti ritengano che i corsi abbiano suscitato nuove esigenze formative. LÕAgenzia intende ora proseguire su questa strada,che si ‘ dimostrata utile e gradita.A conclusione di questo ciclo di corsi ‘ stato perciŸ prodotto questo Manuale,che sar‹ diffuso sulla Intranet dellÕAgenzia e potr‹ cosfi fornire un utile ausilio a tutti i colleghi che ogni giorno si cimentano con la scrittura di testi e documenti,diretti allÕinterno e allÕesterno. Al Dipartimento di Studi Italianistici dellÕUniversit‹ di Pisa e,in particolare,al prof.Fabrizio Franceschini e a tutte le formatrici,va il ringraziamento dellÕAgenzia per la collaborazione,la disponibilit‹ e anche per lÕentusiasmo dimostrati in questa avventura. Raffaele Ferrara Direttore dellÕAgenzia delle Entrate 11indice + prefazione 1-09-2003 17:36 Pagina 11INDICE

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1.LÕANTILINGUA Il brigadiere ‘ davanti alla macchina da scrivere.LÕinterrogato,seduto davanti a lui,risponde alle domande un poÕ balbettando,ma attento a dire tutto quello che ha da dire nel modo piš preciso e senza una parola di troppo:ÒStamattina presto andavo in cantina ad accendere la stufa e ho trovato tutti quei fiaschi di vino dietro la cassa del carbone.Ne ho preso uno per bermelo a cena.Non ne sapevo niente che la bottiglieria di sopra era stata scassinataÓ.Impassibile,il brigadiere batte veloce sui tasti la sua fedele trascrizione:ÒIl sottoscritto essendosi recato nelle prime ore antimeridiane nei locali dello scantinato per eseguire lÕavviamento dellÕimpianto termico,dichiara dÕessere casualmente incorso nel rinvenimento di un quantitativo di prodotti vinicoli,situati in posizione retrostante al recipiente adibito al contenimento del combustibile,di aver effettuato lÕasportazione di uno dei detti articoli nellÕintento di consumarlo durante il pasto pomeridiano,non essendo a conoscenza dellÕavvenuta effrazione dellÕesercizio soprastanteÓ. Confrontiamo i due testi che il brano citato riporta tra virgolette.Il fatto in questione,come esposto da un signore un poÕ intimorito,ma Òattento a dire tutto [É] nel modo piš preciso e senza una parola di troppoÓ,e come invece verbalizzato dal brigadiere,rimane lo stesso. PerŸ Ð come risulta evidente Ð il primo testo ‘ formulato in prima persona;‘ piš breve (42 parole);‘ sintatticamente semplice (si articola in quattro frasi principali,due coordinate dalla congiunzione ee due appartenenti a due altri periodi,con tre frasi dipendenti del tipo piš comune,aperte dalle preposizioni a,per, cui segue lÕinfinito,o dalla congiunzione dichiarativa che );‘ vicino alla lingua quotidiana.Parole come cantina,stufa,fiaschi di vino,cassadelcarbone sono correnti e concrete,ma proprio per questo precise;il costrutto non ne sapevo niente che ‘ di tipo colloquiale,mentre lÕimpiego del pronome personale ( ne ho preso uno per berme lo) edellÕaggettivo dimostrativo ( tutti queifiaschi ) crea un rapporto ravvicinato tra discorso e realt‹, tra chi parla e le cose di cui si parla. Nel secondo caso alla prima persona si sostituisce ilsottoscritto con verbi alla terza singolare; il testo ‘ molto piš lungo (64 parole),‘ fatto tutto da un solo periodo (con sette frasi subordinate e largo ricorso a gerundi e a participi) e impiega un lessico lontano dalla lingua di tutti i giorni.Invece di sostantivi comuni,semplici ma inequivocabili,troviamo giri di parole che rendono tutto piš complicato ( stamattina presto > nelle prime ore antimeridiane;cantina > locali dello scantinato) e spesso anche piš generico (stufa > impianto termico;fiaschi di vino > quantitativo di prodotti vinicoli;bottiglieria di sopra > esercizio soprastante ,ecc.).Dove poi nel primo testo cÕerano verbi comuni e concreti,nel secondo troviamo perifrasi con verbi piš ricercati e astratti accompagnati da sostantivi ( accendere la > eseguire lÕavviamento del;trovare > incorrere nel rinvenimento;prenderne uno > effettuare lÕasportazione di uno ,ecc.).Si potrebbe aggiungere dellÕaltro 1ma,insomma,il secondo testo costituisce un bellÕesempio di una lingua 131Vedi Mengaldo (1994),pp.277-280. Introduzione (con elementi di teoria della comunicazione, pragmatica,linguistica testuale) Fabrizio Franceschini indice + prefazione 1-09-2003 17:36 Pagina 13INDICE

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della quale sarebbe meglio liberarci,perch” in realt‹ ‘ unÕ antilingua:Ogni giorno [É] per un processo ormai automatico,centinaia di migliaia di nostri concittadini traducono mentalmente con la velocit‹ di macchine elettroniche la lingua italiana in unÕantilingua inesistente.Avvocati e funzionari,gabinetti ministeriali e consigli dÕamministrazione,redazioni di giornali e di telegiornali scrivono pensano parlano nellÕantilingua. Queste pagine,spesso riprese quando si parla di burocratese e comunicazione pubblica,si devono a Italo Calvino e risalgono a quasi quarantÕanni fa 2:comparvero infatti su ÇIl GiornoÈ del 3 febbraio 1965,nel quadro di una vasta discussione,aperta da Pier Paolo Pasolini,sulle dinamiche linguistiche di quegli anni,caratterizzati da grandi ma anche traumatiche trasformazioni economiche e culturali.Pasolini,dopo aver negato a lungo lÕesistenza dellÕitaliano come lingua dÕuso (funzione effettivamente svolta,sino a quellÕepoca,dalle variet‹ dialettali:vedi FINESTRA 1),in un intervento del 26 dicembre 1964 sul periodico del PCI ÇRinascitaÈ aveva posto la questione del Ònuovo italiano tecnologicoÓ,cio‘ di una Òlingua della produzione e del consumoÓ nata nelle grandi aziende e nei centri di comando dellÕindustria capitalistica,capace di Òomologa[re] tutti i tipi di linguaggio della koin‘ italianaÓ:le classi popolari avrebbero dunque rischiato di essere condannate al silenzio o alla massificazione linguistico-culturale,con la perdita delle capacit‹ comunicative ed espressive precedentemente assicurate dai dialetti.A Pasolini che dice ÒlÕitaliano finalmente ‘ nato [É] ma io non lo amo perch” ‘ ÇtecnologicoÈÓ Calvino risponde che lÕitaliano rischia invece di morire,soffocato da una tradizione retorica deteriore e dalla tendenza allÕantilingua.Ma lÕitaliano puŸ sopravvivere Ð aggiunge Calvino Ð se riesce a trasformarsi in Òlingua [É] modernaÓ,una Òlingua agile,ricca,liberamente costruttiva,robustamente centrata sui verbi, dotata dÕuna varia gamma di ritmi della fraseÓ3.Le osservazioni calviniane sono ancora attuali e validissime,non tanto come manifesto di una semplicistica crociata contro il burocratese quanto come elementi di unÕargomentazione ricca e complessa,che offre una buona risposta alle obiezioni sollevate quando sono in discussione le tradizionali forme della scrittura legislativa o amministrativa (non si possono semplificare forzatamente questioni difficili,non si puŸ rinunciare a unÕarticolazione sintattica che rifletta una complessit‹ di pensiero e cosfi via).In un intervento sulla ÇDomenica del CorriereÈ del febbraio 1978 Calvino sottolinea infatti: [É] quando le cose non sono semplici,non sono chiare,pretendere la chiarezza,la semplificazione a tutti i costi ‘ faciloneria,e proprio questa pretesa obbliga i discorsi a diventare generici,cio‘ menzogneri.Invece lo sforzo di cercare di pensare e dÕesprimersi con la massima precisione possibile proprio di fronte alle cose piš complesse ‘ lÕunico atteggiamento onesto e utile4.2LÕintervento su LÕantilingua comparso sul ÇGiornoÈ si legge ora in Calvino (1980),pp.122-126.Tra i piš recenti e pertinenti riferimenti alla pagina calviniana ricordo quelli di Tullio De Mauro (De Mauro – Vedovelli (2001),pp.6-7,ove lÕimmagine del nostro brigadiere si sovrappone a quella del gendarme di Pinocchio),Dardano (2001),p.377 e Lavinio (2001),p.107. 3Calvino (1980),pp.123 e 126. 4Calvino (1980),p.307;il passo ‘ opportunamente posto in epigrafe da Mortara Garavelli (2001),pp.153 e seguenti. 14indice + prefazione 1-09-2003 17:36 Pagina 14INDICE

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FINESTRA 1Dialetto e italiano dal 1861 al 1995:percentuali dÕuso sulla popolazione Le stime elaborate da Tullio De Mauro 7circa le percentuali dÕuso sulla popolazione del dialetto e dellÕitaliano dal 1861 al 1995,per quanto discutibili in dettaglio 8,rappresentano bene le condizioni di fondo della realt‹ linguistico-culturale italiana: 1861195519881995 Italiano1,510,038,044,4 Italiano / Dialetto1,024,048,048,7 Dialetto97,566,014,06,9 Totale100,0100,0100,0100,0 LÕitaliano (scritto) ‘ stato per secoli una lingua padroneggiata solo da una minoranza degli abitanti della penisola,impiegata essenzialmente nella comunicazione tra i ceti colti e nella sfera istituzionale,e per di piš fortemente ancorata alla dimensione letteraria e dunque poco idonea a soddisfare le esigenze della sfera pratica e quotidiana,nella quale ha invece dominato a lungo lÕuso del dialetto.AllÕunificazione nazionale non si sono accompagnati un sistema scolastico e uno sviluppo culturale capaci di produrre una reale unificazione linguistica. Ancora negli anni Ô50 la popolazione italiana si presentava per due terzi come dialettofona,e del terzo che in qualche modo padroneggiava lÕitaliano scritto e orale solo un terzo aveva abbandonato lÕuso delle variet‹ dialettali. Le trasformazioni degli anni Sessanta (industrializzazione,spopolamento del Sud e della montagna,concentrazione di una popolazione di varia provenienza nel triangolo industriale Torino Milano Genova,scolarizzazione di massa,diffusione della radio e della televisione) hanno prodotto,se pure in modo incontrollato e contraddittorio,una grande rivoluzione culturale:lÕitaliano ‘ divenuto lÕeffettiva lingua dÕuso della maggioranza degli italiani.Piš che di italiano conviene parlare perŸ di ÔitalianiÕ:al modello compatto costituito dallÕitaliano letterario si ‘ sostituito un complesso di variet‹ sul piano diatopico ossia geografico (italiani regionali),sul piano diastratico ossia socioculturale (italiano popolare) e sul piano diafasico ossia stilistico-situazionale,con vari registri (italiano colloquiale,italiano neo-standard o dellÕuso medio,italiano standard letterario,italiano formale aulico) e sottocodicio linguespeciali:ad es.lÕitaliano tecnico-scientifico,lÕitaliano burocratico eccetera. 9 LÕeducazione linguistica dunque non puŸ n” deve piš proporre lÕimitazione di un modello unico,ma deve favorire lÕacquisizione di una competenza comunicativa fondata sulla conoscenza e lÕuso appropriato delle variet‹ dellÕitaliano. 7De Mauro – Vedovelli (2001),p.9. 8Cfr.Castellani (1982). 9Cfr.Berruto (1987). 16indice + prefazione 1-09-2003 17:36 Pagina 16INDICE

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INTRODUZIONE 10Cfr.Migliorini (1978),p.199. 11I due brani sono citati e commentati,rispettivamente,in De Mauro – Vedovelli (2001),p.6,e Beccaria (1992),p.182. 12Cfr.Beccaria (1968),pp.33-53. 13Cfr.le Ultime lettere di Iacopo Ortis nellÕedizione del 1802:Gambarin (1955),p.235. 14Cfr.Tongiorgi – Frassineti (2002),p.280,da vedere con Dardi (1990),p.15,e Morgana (1984). 15Cfr.Bernardoni (1812),p.VII,su cui Morgana (1984). 2.UN POÕ DI STORIA LÕideale linguistico propugnato da Calvino non trova certo riscontri frequenti nei testi legislativi ed amministrativi italiani:il problema del difficile rapporto tra lingua ufficiale e pubblico in Italia ha comunque radici antiche e profonde. LÕet‹ comunale aveva visto uno stretto rapporto tra istituzioni,cittadini e lingua,cio‘ il volgare municipale,relativamente accessibile alla popolazione e per questo usato in misura crescente invece del latino: nel Duecento e ancora nel Trecento ‘ sempre vivo lÕuso di leggere in volgare le deliberazioni proposte allÕapprovazione e,dopo,di comunicarle al pubblico.Ma ciŸ non basta:si sente anche il bisogno che le versioni siano messe per iscritto.Nel 1302 a Bologna,i capi della compagnia dei muratori domandano al capitano,agli anziani e ai consoli della citt‹ che una riformazione contro le novit‹ pubbliche sia fatta e scripta e reform‹ volgare [É] a“Ÿ che sia publico et certo a ciaschuno de intendere 10.Nel XV secolo,col formarsi di stati regionali,nella redazione dei documenti e della corrispondenza ufficiale si sviluppano le cosiddette koin‘ cancelleresche,ossia formazioni linguistiche sovramunicipali in cui agli influssi del latino e a persistenze dialettali si unisce un sempre piš forte influsso del modello toscano,in rapporto ed in parallelo con lÕaffermarsi del fiorentino trecentesco come lingua letteraria.Aumenta cosfi lÕomogeneit‹ linguistica tra le lingue ufficiali dei vari stati ma al contempo la lingua ufficiale si allontana dagli usi comuni.Con il Cinque e Seicento il distacco tra istituzioni e sudditi,tra lingua degli uffici e popolo si fa ancora piš marcato,come lucidamente segnalano alcuni autori dellÕepoca:da un lato Francesco Guicciardini Ð con accenti che saranno ripresi proprio da Pasolini e da tanta pubblicistica odierna Ð sottolinea nei suoi Ricordi (¤ 141) che tra Ôl palazzo e la piazza ‘ una nebbia sfi folta,o uno muro sfi grosso,che non vi penetrando lÕocchio degli uomini,tanto sa el popolo di quello che fa chi governa,o della ragione per che lo fa,quanto delle cose che fanno in India; dallÕaltro Benedetto Varchi,nella Storia di Firenze ,lamenta che nelle cancellerie Òsi trovano lettere scritte non in cifra,ma in gergo,come ‘ quella lingua ladresca Ó11.In rapporto agli sviluppi della situazione storico-politica europea,alle forme assunte dalle koin‘ cancelleresche italiane si uniscono neologismi e forestierismi,prima di provenienza specialmente spagnola 12e pištardi francese.LÕincremento dei gallicismi nella lingua della politica e dellÕamministrazione diviene fortissimo nel Settecento e Vincenzo Monti,in sintonia anche col Foscolo 13,denunzia Ð nella prolusione Della necessit‹ dellÕeloquenzatenuta il 29 novembre 1803 allÕUniversit‹ di Pavia Ð Òil barbaro dialetto miseramente introdotto nelle pubbliche amministrazioni,ove penne sciaguratissime propagano e consacrano tutto il dfi lÕignominia del nostro idiomaÓ 14.I criticatissimi francesismi finiscono perŸ per essere indicati,anche in opere di ispirazione purista, come ineliminabili a livello settoriale perch” di essi Ònon si puŸ far senza nelle segreterieÓ 15.17indice + prefazione 1-09-2003 17:36 Pagina 17INDICE

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DÕaltronde quellÕesigenza di comprensibilit‹ e chiarezza delle scritture giuridiche e pubbliche che aveva favorito lÕulteriore estensione dellÕitaliano a spese del latino 16e che a fineSettecento Ð inizi Ottocento animava tanti intellettuali,riflettendosi anche in manuali di scrittura amministrativa17,trova il miglior punto di riferimento proprio in Francia,ove lo sviluppo storico-istituzionale aveva strettamente legato il rapporto del sovrano col paese,la costruzione unitaria dello Stato e lÕunificazione linguistica attorno al modello parigino.In particolare,con lÕordinanza di Villers-Cotter’ts Francesco I,nel 1549,aveva disposto che tutti gli atti pubblici in nome del re fossero redatti in lingua materna francese e non altrimenti (en langage maternel fran“ois et non autrement ),affinch” non ci sia motivo di dubbio sulla comprensione di detti decreti [É].Vogliamo e ordiniamo che siano fatti e scritti cosfi chiaramente che non vi possa essere alcuna ambiguit‹ o incertezza n” vi sia motivo di ricorrere a interpretazioni; come commenta Marc Fumaroli,Òquesta chiarezza generosa che il re deve ai suoi sudditiÓ risponde anche allÕideale umanistico di perspicuitas ma Ò‘ anzitutto un senso religioso del regno e della sua linguaÓ 18.In Italia,invece,la stessa unificazione nazionale non basta a determinare lÕeffettiva unit‹ linguistica del paese,sicch” la possibilit‹ di comunicazione tra istituzioni e pubblico rimane a lungo molto limitata,mentre i processi di omogeneizzazione tra le diverse burocrazie preunitarie producono sfi Òeffetti linguisticiÓ ma Òanzitutto sui burocrati stessiÓ 19.3.LA LINGUA DELLA COSTITUZIONE Tra i compiti che si pongono agli albori della Repubblica cÕ‘ dunque anche quello di fondare una nuova pratica linguistica pubblica.Come mostrano gli Atti della Costituente,in quella sede Òla lingua ‘ stata lo strumento primo della chiarificazione del pensiero e,al tempo stesso,il pensiero ha trovato nella lingua la strada maestra della ricerca e della conoscenzaÓ 20.NellÕAssemblea Ð ove sedevano alcuni dei piš vigorosi ingegni dellÕItalia dellÕepoca Ð Piero Calamandrei,che aveva gi‹ propugnato la chiarezza e trasparenza del linguaggio trattando della Òcosiddetta oratoria forenseÓ 21,volle richiamare come precedente e modello Ugo Foscolo,incaricato dal Ministero della Guerra della Repubblica Cisalpina di predisporre un Codice penale militare e orientato a stenderlo in uno stile rapido,calzante,conciso,che non lasci pretesto allÕinterpretazione delle parole, osservando che assai giureconsulti grandi anni e assai tomi spesero per commentare leggi confusamente scritte.Si bader‹ ancora a una religiosa esattezza della lingua italiana 22.Su questa stessa linea i costituenti Ð con alcuni distinguo,tra cui in particolare quello di Benedetto Croce 23Ð scelgono una scrittura agile e rigorosa,alta e democratica nella sua 16Sivedano in particolare i provvedimenti relativi al Piemonte sabaudo assunti nel 1560-61 dal duca Emanuele Filiberto,su cui Fiorelli (1994), pp.576-578,e Marazzini (1998),pp.12 e seguenti. 17Secondo cui gli impiegati pubblici Òhanno il massimo bisogno,come il massimo dovere,di spiegarsi in guisa che certamente e senza il piš lieve equivoco intendere si possa quello che ebbero in pensiero di direÓ:cosfi Dembsher (1830),p.3,su cui Morgana (1984),pp.65-6 6 (evedi piš avanti cap.6 Il lessico nei testi amministrativi ).18Cfr.Fumaroli (2001),pp.251-253,da cui anche le citazioni dallÕordinanza di Francesco I. 19Cfr.De Mauro (1972),p.105 e passim per tutta la questione. 20Cfr.Deon (1998),p.195. 21Cfr.Calamandrei (1989 [1935]),su cui vedi piš avanti,cap.2 Esempi di scrittura giuridica. 22A.C.,p.1743. 23Che polemicamente sottolineava:Òtutto si potr‹ collettivizzare o sognar di collettivizzare,ma non certo lÕarte dello scrivereÓ (A.C.,p.2005). 18indice + prefazione 1-09-2003 17:36 Pagina 18INDICE

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INTRODUZIONE 24Queste parole sono di Umberto Terracini:A.C.,p.1726. 25Cfr.Mortara Garavelli (1988),p.165,e (2001),pp.78 e seguenti. semplicit‹ e chiarezza,coerente con lÕesigenza di Òelaborare testi legislativi e costituzionaliÓ ma anche di offrire un esempio Òdi onest‹ intellettuale,di civica severit‹ [É],di responsabile ponderatezza negli atti e nelle espressioniÓ 24.Il risultato Ð tanto piš importante per il fatto che siamo sulla soglia dellÕeffettiva unificazione linguistica del paese (vedi FINESTRA 1) Ð puŸ cogliersi semplicemente rileggendo i Principi fondamentali della Costituzione ,nella loro limpidezza lessicale,nella loro semplicit‹ sintattica e nel loro indubbio vigore stilistico,che ne fanno un testo da proporre a scuola non solo per lÕeducazione civica ma per la stessa educazione linguistica25.Costituzione della Repubblica Italiana.Principi fondamentali 1)LÕItalia ‘ una Repubblica democratica,fondata sul lavoro. La sovranit‹ appartiene al popolo,che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione. 2)La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dellÕuomo,sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalit‹,e richiede lÕadempimento dei doveri inderogabili di solidariet‹ politica,economica e sociale. 3)Tutti i cittadini hanno pari dignit‹ sociale e sono eguali davanti alla legge,senza distinzioni di sesso,di razza,di lingua,di religione,di opinioni politiche,di condizioni personali e sociali.é compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale,che, limitando di fatto la libert‹ e lÕeguaglianza dei cittadini,impediscono il pieno sviluppo della persona umana e lÕeffettiva partecipazione di tutti i lavoratori allÕorganizzazione politica,economica e sociale del Paese. 4)La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere,secondo le proprie possibilit‹ e la propria scelta,unÕattivit‹ o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della societ‹.5)La Repubblica,una e indivisibile,riconosce e promuove le autonomie locali;attua nei servizi che dipendono dallo Stato il piš ampio decentramento amministrativo;adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dellÕautonomia e del decentramento. 6)La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche. 7)Lo Stato e la Chiesa cattolica sono,ciascuno nel proprio ordine,indipendenti e sovrani. I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi.Le modificazioni dei Patti,accettate dalle sue parti,non richiedono procedimento di revisione costituzionale. 19indice + prefazione 1-09-2003 17:36 Pagina 19INDICE

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