Lanchester, La Costituzione tra elasticità e rottura, Giuffrè, Milano, 2011, p. 51, che nel quadro di una ricostruzione della storia costituzionale repubblicana

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Le istituzioni nella storia costituzionale repubblicana Nomos 2 – 2017 ISSN 2279 – 7238 ALLE ORIGINI DELLA INFINITA CRISI REPUBBLICANA ITALIANA TRA SOCIETÀ, POLITICA E MAGISTRATURA. I. Gli anni sessanta del novecento * di Giuseppe Allegri ** Ed allora ecco entrare sulla scena di questo teatro le centomila panacee dei nuovi sistemi elettorali, le famiglie di uccelli tropicali dei vari corporativismi , gli anelli fatali delle riforme credute di struttura, gli ippogrifi delle istituzi oni di democrazia diretta, le brodaglie delle rieducazioni dei costumi, le dissolvenz e delle riforme spi rituali, e via di seguito Massimo Severo Giannini, Prefazione a Georges Burdeau, Il regime parlamentare , Edizioni di Comunità, 1950 * Contributo pubblicato previa accettazione del comitato scientifico del Convegno. Relazione presentata al Convegno svoltosi il giorno 5 aprile 2017, presso la Sala lauree del Dipartimento di Scienze Politiche di Sapienza, Università di Roma, patroci nato e organizzato da ANPPIA (Associazione Nazionale Perseguitati Politici Italiani Antifascisti) e Master in Istituzioni Parlament In questa versione scritta si riporta solo la prima parte della r elazione orale, rinviando ad un secondo intervento per la parte che dagli anni Settanta conduce agli anni Novanta del Novecento . ** Dottore di ricerca in Teoria dello Stato e istituzioni politiche comparate, Sapienza, Università di Roma.

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Le istituzioni nella storia costituzionale repubblicana Nomos 2 – 2017 ISSN 2279 – 7238 2 Muore ignominiosamente la repubblica. Ignominiosamente la spiano i suoi molti bastardi nei suoi ultimi tormenti. Arrotano ignominiosamente il becco i corvi nella stanza accanto. Ignominiosamente si azzuffano i suoi orfani, si sbranano ignominiosamente tra di loro i suoi sciacalli. Tutto accade ignominiosamente, tutto meno la morte medesima cerco di farmi intendere dinanzi a non so che tribunale di che sognata equità. E l’udienza è tolta. Mario Luzi, Muore ignominiosamente la repubblica , in « Nuova Rivista Europea » , settembre – ottobre 1977 S OMMARIO 2. 1957/1962: la grande trasformazione dell’Italia post – 3. Con Luciano Bianciardi e Adriano Olivetti, verso la società post – industr iale 4. 1962 – 1967: dal centro – 5. Per iformismo impossibile, « torpore della scienza giuridica Con questo intervento si prova a riprendere la riflessione sul la lunga crisi della Costituzione e delle istituzioni repubblicane del secondo Novecento italiano che si è già provato ad affrontare in precedenti interventi 1 . Il tentativo è quello di presentare un’altra lettura temporale di quella che 1 Sia concesso segnalare alcuni interventi nei quali si è già provata una prima, parziale indagine costituzionalistica sulla ai movimenti della governance, Prefazione a A. Negri, Dentro/contro il diritto sovrano. Dallo Stato dei partiti ai movimenti della governance , a cura di Giuseppe Allegri, Ombre Corte, Verona, 2010, pp. 7 – 31, Id., Quali sperimentazioni democratiche dopo il costituzionalismo statualista? Primi appunti , in A. Arienzo, D. Lazzarich (a cura di), mondializzazione , Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2012, pp. 111 – 134.

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Le istituzioni nella storia costituzionale repubblicana Nomos 2 – 2017 ISSN 2279 – 7238 3 tradizionalmente vi Si concorda infatti con chi indaga «la crisi della Costituzione» facendola risalire già « al 1968, con la sconfitta dell’ipotesi riformista del centrosinistra e con l’inizio della transizione infinita, divisibile in un ciclo lungo, all’interno dei soggetti originari (fino al 1993), ed in uno corto, che tuttora stiamo vivendo» 2 . Evitando di cade – storia vorrebbe invece ricostruire per brevi suggestioni la crisi dello Stato dei partiti (Antonio Negri, 1964) e della Repubblica dei partiti (Pietro Scoppola, 1991) andando ad indagare il decennio di passaggio agli anni Sessanta del Novecento, vero crocevia di una strana modernizzazione del Paese che solo una parte dei più attenti giuspubblicisti dell’epoca (Costa ntino Mortati, Leopoldo Elia e Massimo Severo Giannini in primis ) lessero come una fase di radicale trasformazione sociale, culturale, economica, con contraddittori effetti sulla tenuta costituzionale della Repubblica fondata sul patto costituente tra i ma ggiori partiti politici di massa antifascisti. Ed è sempre in quel passaggio di decennio che nasce una peculiarità di lungo corso del nostro ordinamento costituzionale repubblicano e delle sue classi dirigenti: la difficoltà di tenere insieme i tentativi d i modernizzazione sociale, culturale, economica di un Paese con processi riformistici, di adeguamento e modernizzazione anche delle istituzioni pubbliche, sempre evocati, ma mai realmente praticati e realizzati. L’avvio della lunga crisi di quella che suo massa ha quindi a che fare con la peculiare modernizzazione post – bellica di un Paese che si trova sul crinale geografico della spartizione europea tra le due superpotenze, Usa e Urss, vincitrici della sec onda guerra mondiale e garanti di un’Europa pacificata e aperta all’introduzione di sistemi di Welfare e di modernizzazione economica e sociale 3 . E tale modernizzazione dovrebbe essere ricostruita nella dinamica tra individui, società ed istituzioni, attraverso il prisma delle relazioni tra protagonismo sociale dei diversi soggetti collettivi, livello della politica istituzionale (nel senso delle inchieste degli anni Novanta), dinanzi allo sfarinamento della società salariale del patto capitale – – sindacale. Anche se, riprendendo una classica e probabilmente sempre valida battuta del 2 Così F. Lan chester, La Costituzione tra elasticità e rottura , Giuffrè, Milano, 2011, p. 51, che nel quadro di una ricostruzione della storia costituzionale repubblicana pone al centro il passaggio degli anni Sessanta del Novecento. Nel tem po molta storiografia si è i nterrogata sugli effetti di quel decennio rispetto alla stabilità istituzionale del patto repubblicano, a partire, tra gli altri, da Enzo Santarelli, Guido Crainz e Silvio Lanaro, ma per una particolare attenzione ai profili istitu zionali del 1968, anche c ome in relazione alla crisi del sistema politico, si veda G. Orsina e G. Quagliarello (a cura di), La crisi del sistema politico italiano e il Sessantotto , Rubbettino, Soveria Mannelli, 2006. 3 Tra gli altri ricostruisce in questo senso il novecento post – bellico europeo nel quadro della storia europea e globale contemporanea C. Galli, 1815 – 1915 – 2015: le tre date dell’Europa concentrica , in A. Guerra, A. Marchili (a cura di), Europa concentrica. Soggetti, città, istituzioni fra processi federativi e integra zione politica dal XVIII al XXI secolo , Sapienza Università Editrice, 2016, pp. 61 – 71.

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Le istituzioni nella storia costituzionale repubblicana Nomos 2 – 2017 ISSN 2279 – 7238 4 – 1994 (con il crollo de l Muro di Berlino, la fine della divisione del mondo in due blocchi ideologici figli del Patto di Yalta e l’operazione Mani pulite/Tangentopoli della magistratura italiana contro la corruzione nei partiti politici repubblicani) funge da intervallo quasi te atrale, per rassettare costumi e personaggi e donare nuovo protagonismo a una classe dirigente politica che in fin dei conti rimarrà culturalmente sempre figlia dei partiti politici precedenti, seppure in una società sempre più schiacciata tra lo spostamen to in una dinamica globale dei flussi macro – economici, l’invadenza di una malavita organizzata che domina ampi settori sociali ed economici, tra città e relazioni globali, ventennio, il blocco del centro – sinistra è l’erede della sinistra sociale democristiana, del Pci e di un certo establishment burocratico e amministrativo; il centro – destra, seppure guidato da un imprenditore che diviene uomo politico nel cuore degli anni N ovanta, rimane culturalmente legato alla tradizione del moderatismo italiano, ad un piccolo frammento liberal – liberista, che nelle identitaria della destra populista e sovranista, localistica e/o nazionale, che spesso sconfina in un – svolta nel senso di una polarizzazione dell’offerta politica tra tre poli guidati da « partit i liquidi » plebiscitari e impolitici del centro – sinistra, del centro – destra e del nuovo populismo digitale 4 . Queste note, che mantengono l’approssimazione della relazione orale, vorrebbero quindi inserirsi nel più ampio dibattito sul confronto irrisolto ne lla nostra esperienza repubblicana e nel dibattito costituzionalistico tra crisi o riforma delle istituzioni; potere costituente e diritto costituzionale; continuità repubblicana o rottura istituzionale; movimenti sociali e istituzioni repubblicane; trasfo rmazioni economiche e socio – culturali e mutamenti istituzionali. 2. 1957/1962: la grande trasformazione dell’Italia post – bellica e l’abbrivio dinanzi agli eventi del decennio 1968/1978 è anticipato dalla grande modernizzazione culturale, economica, dei costumi e delle forme di vita, prodottasi tra il 19 57 e il 1962, con la conseguente affermazione del primo centro – sinistra al governo, quindi dei movimenti culturali, sociali e sindacali che tra il 1965 e il 1967 anticipano la contestazione del ’68 studentesco e dell’autunno caldo dell’anno successivo. 4 Si riprende l’analisi sulla democrazia plebiscitaria e impolitica dei partiti liquidi da D. Palano, La democrazia senza partiti , Vita e Pensiero, Milano, 2015, pp. 95 e ss.

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Le istituzioni nella storia costituzionale repubblicana Nomos 2 – 2017 ISSN 2279 – 7238 5 So no questi i tempi in cui si passa dal quadro politico – culturale figlio dei governi centristi del – ’53), a quelli neo – centristi con le prime aperture a sinistra sul finire degli anni Cinquanta, sempre della intesa o convenzione « ad excludendum » del Pci, nel senso di una «delimitazione della maggioranza» intorno alla Dc come partito di maggioranza relativa, che si aprirà definitivamente alla sinistra socialista dopo il tentativo del Governo Tambroni, di cui parleremo tra poco 5 . Mentre nel dicembre 1956 viene creato il Ministero delle Partecipazioni Statali, con compiti e funzioni di regolazione, direzione e coordinamento delle imprese con partecipazione statale diretta o indiretta (a partire da Iri, Eni e dalla gestione del Fondo per l’Industria Meccanica). Diverrà il luogo istituzionale di mediazione tra imprese di Stato e settori strategici di un Paese che si incanalava nel solco del boom economico , del processo di integrazione continentale (i Trattati di Roma del 1957), sempre in una visione di politica internazionale filo – atlantica, entrando nel vivo della complicata relazione tra Stato ed economia, anche ne l senso del nascente diritto pubblico dell’economia e con gli interrogativi posti da una parte della dottrina giuridica intorno a quale dovesse essere il rapporto tra programmazione economica, pianificazione statale, economia di mercato e «diritti della pe rsona umana» 6 . Ma soprattutto dinanzi a un «distorto utilizzo delle risorse pubbliche» in quegli anni in cui, dentro la frattura tra sviluppo industriale del Nord (Ovest, in particolare) e duratura ento dell’economia pubblica e l’inizio della degenerazione partitocratica» 7 , che porterà un celebre storico dell’economia a riflettere retrospettivamente come «ben pochi, allora, avrebbero potuto immaginare che, attraverso gli enti pubblici, la Dc e poi al tri partiti di governo sarebbero giunti all’occupazione e alla lottizzazione di alcune importanti cerniere di comando fra politica ed economia, dando luogo a un groviglio di distorsioni clientelistiche e assistenziali destinate a caricare il settore econom ico pubblico di un fardello sempre più ingombrante di oneri impropri» 8 . È quindi già nel cuore degli anni Cinquanta del Novecento che si avvia l’inesorabile processo di occupazione partitica della macchina statale nca quella che può essere definita come una vera e grande trasformazione culturale, ancor prima che politica, della società italiana, nelle relazioni sociali e negli stili di vita, per dirla con un attento e sensibi le 5 Sull’evoluzione istituzionale della storia repubblicana in questi anni si fa riferimento al classico volume di L. Paladin, Per una storia costituzionale dell’Italia repubblicana , Il Mulino, Bologna, 2004, quindi si segue la celebre analisi proposta da L. Elia, Forme di governo , Voce estratta da Enciclopedia del Diritto , vol. XIX (stampato 1970), Giuffrè, Milano, 1985, spec. pp. 10, 26 e 28. 6 Per riprendere il titolo del , convegno dei giuristi cattolici, cui partecipò anche Carlo Esposito, gli interventi del quale sono raccolti ora in C. Esposit o, Scritti giuridici scelti. Vol. III, Diritto costituzionale repubblicano , edizione a cura di J. – P. Berardo, J ovene editore, Pubblicazioni della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Camerino, 1999, pp. 83 – 93. Per una ricostruzione di questi anni, anche nella relazione tra politica interna ed internazionale, si rinvia al classico lavoro di G. Mammarella, L’ Italia dopo il fascismo: 1943 – 1973 , Il Mulino, Bologna, 1974 7 Come nota L. Paladin, Per una storia costituzionale dell’Italia repubblicana , cit., pp. 163 – 174, a proposito del rifinanziamento della Cassa per il Mezzogiorno (creata nel 1950), ad opera della legge del 29 luglio 1957, n. 634, che prolungava la durata d ella cassa fino al giugno 1965 e in relazione all’istituzione del succitato Mi nistero per le partecipazioni statali. 8 Così la celebre, cruda e spietata, ricostruzione di V. Castronovo, Storia economica d’Italia. Dall’Ottocento ai giorni nostri , Einaudi, Torino, 1995, p. 442.

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Le istituzioni nella storia costituzionale repubblicana Nomos 2 – 2017 ISSN 2279 – 7238 6 degli italiani, per i loro modelli di comportamento e i lo ro valori risulta a ritroso il più rilevante nella storia della nazione; una vera, enorme, radicale rivoluzione antropologica» 9 . È il passaggio di decennio in cui dalla provincia ci si sposta nelle metropoli, dalla cultura contadina e provinciale si trapa ssa nella nascente urbanizzazione industriale, della società dei amministrativo, scolastico e burocratico, che comincia a diventare sempre più lavoro intelle ttuale e culturale. Sono gli anni in cui Federico Fellini realizza i due capolavori che dalla provincia della costa romagnola approdano alla capitale: I vitelloni , 1953 e La dolce vita , 1960, della quale La vita agra (1962) di Luciano Bianciardi sarà il co ntrocanto. E nel 1962 esce un altro splendido libro di narrazione della nevrosi industriale che assale il Paese in quegli anni: Memoriale di Paolo Volponi, che molti anni dopo pubblicherà La strada per Roma (1991, ma che lo stesso Autore ha confessato di a ver iniziato a scrivere prima di Memoriale ), narrazione ancora una volta di un esodo dalla provincia (qui Urbino) verso Roma, per interrogare i mutamenti sociali e culturali che stanno Luciano Bianciardi, Il lavoro culturale (1957), L’integrazione (1960) e La vita agra (1962), come spazi temporali della sua analisi, non dimenticando che il 1957, attuale sessantennale, è anche l’anno di fondazione a Cosio di Arroscia, in Liguria, dell’ Internazionale Situazionista , collettivo di liberi artisti e pensatori che può in parte essere pensato come l’ultima avanguardia del Novecento, anticipatrice dell’effervescenza dei nuovi movimenti sociali metropolitani e del lavoro culturale di critica all’industria culturale che nei decenni Sessanta/Settanta del Novecento attraverseranno l’ Italia e l’Europa con la loro vena contestatrice e creativa, dal 1968 al movimento del ’77. Dal punto di vista del rapporto tra società e istituzioni si dispiegava «il percorso segnato dalle – 10 , con l o «sviluppo di forti movimenti di lotta che sfoceranno nella rivolta sessantottesca», ma quelli sono anche gli anni «del rinnovamento quale era stata tenut a dal protezionismo culturale di Benedetto Croce e Giovanni Gentile» 11 . Movimenti di piazza e nuovo protagonismo culturale tengono a battesimo il primo scorcio degli anni Sessanta e due date possono essere ricordate per esemplificare questo scarto. Da un l ato i moti di piazza antifascisti sanguinosamente repressi nel luglio 1960 a Genova (città medaglia d’oro per la Resistenza italiana), Reggio Emilia e in molte altre città, in occasione del congresso nazionale dei neofascisti del Movimento Sociale Italiano i cui parlamentari proprio in quella primavera (aprile – maggio) avevano dato il loro sostegno decisivo, votando la fiducia in favore del governo presieduto dal democristiano e più volte Ministro degli Interni Ferdinando 9 Questa la condivisibile analisi di G. Fofi, Introduzi one a L. Bianciardi, , Bompiani, Milano, 1993 (1960), p. VII. 10 C osì la Presentazione di Aa.Vv., Operai e stato , Feltrinelli, Milano, 1972, p. 11. Ma si veda anche Aa. Vv., Movimento sindacale e contrattazione collettiva. 1945 – 1971 , Franco An geli, Milano, 1972, 3° ed. 11 L. Ferrajoli, , Laterza, Roma – Bari, 1999, p. 63.

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Le istituzioni nella storia costituzionale repubblicana Nomos 2 – 2017 ISSN 2279 – 7238 8 accelerazionismo tecnologico e digitale, con la consapevolezza che già molto stava cambiando in quei primi anni Sessanta del Novecento 15 . In Italia, in contemporanea con la prima fase di industrializzazione e migrazione interna e di quel cic generazione di provinciali intellettuali in formazione si riversa nelle capitali di quel nascente lavoro culturale (oggi diremmo cognitivo , del lavoro della conoscenza, dell a comunicazione, dello spettacolo, dell’informazione e dell’immateriale): dalla Grosseto, descritta come una Kansas City In contemporanea con la Torino operaia di piazza Statuto, in queste città si vanno formando quei lavoratori neanche più terziari, gli impiegati nei servizi, ma «quartari» (i pubblicitari , i creativi, gli addetti alle pubbliche relazioni), che «non sono strumenti di produzione, e nemmeno cinghie di trasmissione. Sono lubrificante, al massimo, sono vaselina pura» 16 . In questo scorcio temporale, le grandi città diventano il serbatoio di quell o che solo pochi anni dopo diventerà il precariato metropolitano, del lavoro nell’indotto della società della comunicazione, informazione, istruzione, pubblicità, pubbliche relazioni, etc. Ecco i knowledge workers , nuovi lavoratori della simbolico nel capitalismo che è già semio – capitalismo, in quella che comincia a divenire una – cabile e valutabile, sembra vita messa al lavoro, nelle relazioni quotidiane di cura, commercio, servizi, assistenza, in una dimensione che nei decenni successivi verrà definita bio – politica 17 . Perché, per riprendere sempre Luciano Bianciardi, «nei nostri m estieri è diverso, non ci sono metri di a galla, e di salire più su, insomma diventare vescovo. In altre parole a chi scelga la professione terziaria o quartari a occorrono doti e attitudini di tipo politico. La politica, come tutti sanno, ha cessato da molto tempo di essere scienza del buon governo, ed è diventata invece arte della conquista e della conservazione del potere» 18 . 15 Riprende da ultimo questo filone M. Pasquinelli, A mezzo secolo dalla , Introduzione a M. Pasquinelli (a cura di), Gli algoritmi del capitale. Accelerazionismo, macchine della conoscenza e autonomia del comune , Ombre Corte, Verona, 2014, p. 8. 16 L. Bianciardi, La vita agra , Biblioteca Universale Rizzoli, Milano, 1974 (1962), p. 111. In occasione del quarantennale della sua morte (1971) si è riflettuto sulla figura di Luciano Bianciardi, il lavoro culturale e le (mancate) trasformazioni sociali e istituzionali connesse in G. Allegri, A. Guerra, Un precario contro il sistema. Ricordando Luciano Bianciardi , in « Historia Magistra » , n. 8, 2012, p. 119 – 131, cui si rinvia per ulteriori approfondimenti. 17 Qui la bibliografia risulta sconfinata, perciò si limita a pochi classici Aut ori che in quegli anni già scandagliavano il superamento della società industriale e delle sue forme istituzionali nei partiti di massa e sindacati: oltre ai lavori della già citata Internazionale Situazionista e di uno dei suoi fondatori, Guy Debord con l a sua Società dello spettacolo (1967), si ricordano P. F. Drucker, Landmarks of tomorrow. – , Harper & Brothers, New York, 1957, per la definizione di knowledge workers , quindi E. Morin, L’ É sprit du temps , 1962, tradott o in italiano l’anno successivo con il titolo L’industria culturale. Saggio sulla cultura di massa , Il Mulino, Bologna, 1963, D. Bell, Notes on the Post – Industrial Society , in «The Public Interest», Voll. 1, 2, 1967 e tradotte da D. Bratina per «L’Industri alista. Rassegna trimestrale di studi industriali», a cura del Centro di ricerche e documentazione dell’industria dell’Università di Torino, 1967, pp. 161 – 173, J. Baudrillard, Le Système des objets. La consommation des signes , Gallimard, Paris, 1968, A. To uraine, La società post – industriale , Il Mulino, Bologna, 1969. 18 L. Bianciardi, La vita agra , cit., pp. 111 – 112.

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Le istituzioni nella storia costituzionale repubblicana Nomos 2 – 2017 ISSN 2279 – 7238 9 Il lavoro intellettuale, da tradutto re, scrittore, giornalista, critico letterario, culturale, sportivo e molto altro ancora di Luciano Bianciardi diviene il paradigma vissuto in prima persona di un «proletarizzazione dell’intellettuale nella fabbrica culturale milanese» 19 , di un professionis ta del campagne e industria, mentre proprio in quel decennio dei Sessanta europei sarà il lavoro culturale, intellettuale, della conoscenza a perdere irrimediabilm ente l’aura borghese integrata nell’accademia e nella società letteraria o scientifica, finendo con il diventare sempre più frammentato e messo immediatamente in produzione nella società della comunicazione, in assenza di una sua adeguata rappresentazione sociale, politica e istituzionale 20 . E la classe dirigente politica ed economica non sembra percepire questa sotterranea, ma persistente, grande trasformazione sociale e occasione di mutamento istituzionale . Sembra una costante della storia repubblicana italica: quella che già «Corrado Alvaro chiamava inaderenza : il baratro fra i rituali della politica e i bisogni e le potenzialità» di un Paese e delle sue cittadinanze, per riprendere le parole usate da Salv atore Settis nella presentazione della riedizione de Il cammino delle Comunità di Adriano Olivetti 21 . E forse non è un caso che nello stesso ventennio tra il 1945 e il 1964 è proprio quella anomala figura di imprenditore, intellettuale, sperimentatore di co munità e agitatore sociale di Adriano Olivetti che prova a tenere insieme lavoro industriale e lavoro intellettuale (chiamando a sé molti intellettuali e architetti e scrittori, da Ottiero Ottieri a Paolo Volponi, autori di quella giustizia sociale ed economica, insieme con una grande attenzione imprenditoriale nei riguardi all’innovazione tecnologica, all’avanguardia anche rispetto al panorama mondiale dell’epoca. Proprio nel 1964, accanto alle macchine da scrivere e calcolatrici, Olivetti produrrà il primo personal computer (Programma 101), quindi i primi computer e stampanti da ufficio. A fianco il cammino della Comunità diventerà il laboratorio di sperimentazione di un’altra, possibile, modernizzazione sociale, economica ed isti tuzionale, attenta alla centralità dell’essere umano e alle sue pretese di giustizia, all’autodeterminazione individuale e collettiva, alla partecipazione dei lavoratori, manuali e intellettuali, nell’impresa, alla redistribuzione delle ricchezze e a inedi te forme di una democrazia partecipativa, con sperimentazioni che estendono il Movimento in altre provincie, a Treviso, come a Mestre, a Potenza, come a Matera, a Palermo, come a Messina, a Roma, come a Milano 22 . 19 Per riprendere l’analisi di A. Negri, Dopo il Novecento: verso le istituzioni del comune. Una conversazione con Antonio Negri , a cura di G. Allegri, in Id., Dentro – contro il diritto sovrano , cit., p. 226, che così proseguiva: « La vita agra narra perfettamente di: ose funzionali al mercato. Era ed è il capitalismo, ragazzo!». 20 Nel dibattito dell’epoca si ricorda H.J. Krahl, Produzione e costituzione (Konstitution) , 1969, in Id., Costituzione e lotta di classe , Jaca Book, Milano, 1973, pp. 353 – 360, ma si veda diffus amente anche in altri interventi contenuti in quel volume, che incidente automobilistico nel 1970 a soli 27 anni. 21 In A. Olivetti, Il cammino delle Comunità , Edizioni di Comunità, Roma – Ivrea, 2013 (1956). C. Alvaro, L’Italia rinunzia? , Sellerio, Palermo, 1986 (1945). 22 A. Olivetti, Il cammino della comunità , Movimento di Comunità, Ivrea, 1956, pp. 21 – 22.

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Le istituzioni nella storia costituzionale repubblicana Nomos 2 – 2017 ISSN 2279 – 7238 10 Processi che avrebbero permesso una concreta trasformazione antropologica ed istituzionale del Paese e che ebbero un effimero tentativo di inverarsi nel periodo transitorio e pre – costituente della nostra esperienza repubblicana quando, di ritorno dall’esilio svizzero durante la Repubblica Sociale It aliana, Adriano Olivetti è a Roma, collaboratore all’Istituto di studi del PSIUP, responsabile del settore urbanistica ed edilizia e conosce Massimo Severo Giannini che lo porterà al Ministero della Costituente, presieduta da Pietro Nenni. Lo scambio intel lettuale e di esperienze tra Giannini e Olivetti permise di miscelare la spinta all’autogoverno territoriale ed economico delle Comunità pensate da Olivetti in un’ottica di combinazione tra lavoro industriale e cognitivo, con la ricostruzione giuridica del le strutture e delle procedure amministrative studiate da Giannini 23 basato sull’autonomia amministrativa delle Comunità, come nucleo base di un’articolazione di livelli istituzi onali che si opponevano tanto all’accentramento statalista di matrice liberale e che guiderà l’agire repubblicano quanto all’introduzione di un livello regionale, che entrerà a regime solo negli anni Settanta del Novecento. È l’intuizione, prontamente ignorata, di pensare un edificio istituzionale a partire dal basso, seguendo una peculiare concezione federalistica: dalla Comunità intesa come unità politica fondamentale dell’autogoverno territoriale, in un’ottica sussidiaria dei livelli istituzionali, c on la regione intesa solo come sede di pianificazione centralizzazione amministrativa e favorendo un concreto fine sociale delle attività lavorative e imprenditoriali, con l ‘obiettivo di una sempre maggiore inclusione dei diversi e plurali soggetti sociali, che non a caso lo stesso Costantino Mortati ricostruisce in quegli anni come la combinazione di « autonomie e pluralismo nel pensiero di Adriano Olivetti» 24 . Si tratta di un ‘immaginazione istituzionale che si poneva all’altezza di un possibile confronto con le istanze di autodeterminazione, giustizia sociale, innovazione culturale di quello che, superando il sua doppia accezione: quello che permane nel mondo contadino nella narrazione sul nord – est italiano di Ferdinando Camon, quindi quello che a cominciare dagli anni Settanta precipiterà nel precariato metropolitano, fuori dalla ci ttadinanza sociale del Welfare italiano pensato, a fatica, solo per il terzo e quarto stato 25 . 23 Interroga con sensibilità costituzionalistica questa esperienza A. Buratti, Adriano Olivetti e L’ordine politico delle Comunità: un progetto scomodo in cerca di interlocutori , in A. Buratti e M. Fioravanti (a cura di), Costituenti ombra. Altri luoghi e altre figure della cultura po litica italiana (1943 – 1948) , Carocci, Roma, 2010, pp. 98 – 109, saggio e volume al quale si rinvia per una complessiva analisi dei sentieri interrotti della fase costituente repubblicana. 24 C. Mortati, Autonomie e pluralismo nel pensiero di Adriano Olivetti , Relazione presentata al Symposium su La Regione e il Governo locale , svoltosi a Firenze (27 – 30 maggio 1963) per iniziativa del Centro studi della Fondazione « A. Olivetti » e dell’Istituto di diritto pubblico comparato della Facoltà di Scienze politiche «C. Alfieri», ora contenuto in Id., Raccolta di scritti IV. Problemi di politica costituzionale , Giuffrè, Milano, 1972, pp. 233 – 250. 25 F. Camon, Il quinto stato , Garzanti, Milano, 1970, quindi G. Allegri, R. Ciccarelli, Il quinto stato. Perché il lavoro aut onomo e indipendente è il nostro futuro. Precari, autonomi, free lance per una nuova società , Ponte alle Grazie, Milano, 2013 e Id., La furia dei cervelli , manifestolibri, Roma, 2011, dove questa ricostruzione è ampiamente approfondita.

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Le istituzioni nella storia costituzionale repubblicana Nomos 2 – 2017 ISSN 2279 – 7238 11 4. 1962 – 1967: dal centro – sinistra ai nuovi movimenti nella «crisi del Parlamento dei Lo scorcio temporale del passaggio tra gli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento quindi già certifica quello scollamento irrecuperabile tra mutamenti sociali, economici, culturali, delle forme di vita e del lavoro favoriti da scolarizzazione di massa , innovazione tecnologica, rinnovamento generazionale, inurbamento, mobilità interna e immobilismo di classi dirigenti economiche e politiche cristallizzate in assetti istituzionali di governo che scontano un vizio di origine proprio nell’edificazione de l Welfare nello Stato sociale repubblicano. Perché, come si notò già in fase costituente, «per un incredibile paradosso, lo Stato sociale che si afferma nel secondo dopoguerra tro Paese la restringe. non riconosce i diritti sociali a tutti i cittadini indistintamente ma soltanto ai lavoratori» 26 . Fu una scelta selettiva di inclusion senso di un sistema sociale di un 27 , che, fatta salva la solidarietà informale intra – – famili riconosce una porzione di diritti sociali solamente attraverso l’accesso al lavoro, inteso come cittadino – lavoratore salariato, dipendente e subordinato, e neanche pienamente quello, come osservato nella Relazione finale dei lavori della socialista Ludovico D’Aragona (1876 – 1961): «grosso modo beneficiano oggi della previdenza e assistenza solo i impiegati, fra dipendenti pubblici e dipendenti privati. I lavoratori autonomi, dal più umile artigiano, al più rinomato professionista, sono totalmente al di fuori della sfera di a zione della previdenza sociale» 28 . Welfare repubblicano, l’intera impalcatura, partitica, sindacale, istituzionale, cominciava inesorabilmente a scricchiolare a fronte di un protagonismo di soggetti da sempre e sclusi nella mediazione sociale del patto repubblicano che reclamano un posto nel mondo: i giovani, le donne, i nuovi movimenti sociali, dentro e fuori fabbriche, scuole, università, sempre più diffusi in quelle che cominciano a diventare le metropoli di u na società in o « Stato dei partiti » 26 L. Di Nucci, , in C. Sorba (a cura di), Cittadinanza. Individui, diritti sociali, collettività nella storia contemporanea. Atti del convegno annu ale SISSCO Padova, 2 – 3 dicembre 1999 , Roma, 2002, rintracciabile anche in: http://www.sissco.it/articoli/cittadinanza – 1075/alle – origini – dello – stato – sociale – nellitalia – repubblicana – la – ricezione – del – piano – beveridge – e – il – dibattito – nella – costituente – 1084/ . Si riprende questo passaggio da un saggio in corso di stampa al q uale si rinvia per ulteriori approfondimenti: G. Allegri, Reddito di base, innovazione e inclusione sociale. A margine di alcune iniziative legislative , in M. D’Onghia, E. Zaniboni (a cura di), Tutela dei soggetti deboli e trasformazioni del lavoro tra dir itti e libertà. Prospettive nazionali e internazionali , Editoriale Scientifica, Napoli, 2017, pp. 13 – 31. Sia consentito anche rinviare alla prima parte, titolata «le Costituzioni del lavoro», del volume G. Allegri, G. Bronzini, Libertà e lavoro dopo il Job s Act. Per un garantismo sociale oltre la subordinazione , DeriveApprodi, Roma, 2015. 27 G. G. Balandi, , in Lavoro e Diritto , n. 2/2015, 313 – 327. 28 Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale, Commissione per la riforma della previdenza sociale, Relazione sui lavori della Commissione (4 Luglio 1947 29 Febbraio 1948), Roma, 1948.

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